Spazio d'Autore: Intervista ad Adriano Ancona
By Edizioni ZEROTRE
Sport
Ci parli di Adriano Ancona, giornalista...
Dal 2011 al Corriere dello Sport, con una particolare attenzione su Inter, Milan e Verona. E un calendario inevitabilmente scandito dal calcio. Una mia discreta dote è la memoria, che facilita il compito, quando bisogna trovare spunti o riferimenti.
Grande competenza nel calcio, tra servizi giornalistici e talk-show televisivi a tema sport. Da quanto tempo segue il calcio?
La passione per il calcio, come asse portante di quella che sarebbe divenuta la mia futura professione, è sbocciata durante l’adolescenza. La scintilla vera e propria è scoccata durante i Mondiali del ’98: da qui una full immersion tra videocassette, almanacchi, album delle figurine Panini. Il pallone come “sacro rito”, soprattutto quando bisognava attendere che i canali televisivi in chiaro trasmettessero le immagini delle partite.
Entriamo nel vivo del libro e partiamo dalla più classica delle domande: perché un libro su Ivan Jurić?
Perché è un personaggio, soprattutto un allenatore, un po’ fuori copione. Sicuramente, un uomo lontano dai cliché e dai concetti stereotipi che sempre più spesso alimentano i discorsi attuali a proposito del calcio. Idee “balcaniche” trapiantate nel nostro campionato, le sue, con la stella polare di Gasperini... Ma, da presto, Jurić ha anche dimostrato di sapersi strutturare come allenatore “in proprio”. Prendendo di petto le difficoltà: questo ha contribuito a formare il personaggio Jurić, che ormai non è più un tecnico emergente.
Il libro è scritto a quattro mani. Ci presenta anche il coautore Alberto Sogliani?
Un giornalista mantovano, che ha pubblicato alcuni libri e romanzi a carattere sportivo, tra i quali Biancorosso dentro e Una squadra lunga dieci anni. Collabora con la Gazzetta di Mantova e con la Gazzetta dello Sport.
La prefazione è a firma di Lorenzo Fabiano, giusto?
Il suo intervento fa cenno all’animus pugnandi messo in campo dal Verona di Jurić, specialmente contro le grandi squadre. Incarnando lo spirito di quella provincia combattiva, che se la gioca sempre. E lancia, idealmente, lo stesso messaggio che troviamo scritto sui muri di Siviglia. “Ti amo anche quando vinci...”.
Nella presentazione dell’Editore, viene descritto Jurić come un uomo di antichi valori, dal linguaggio asciutto e colorato; soprattutto, con modi di fare schietti, diretti, a volte ruvidi, ma che gli hanno permesso di tradurre in una “filosofia” del calcio il suo modo di essere allenatore. Cos’altro ancora potremmo dire su Jurić?
Che in alcuni casi ha assunto anche un linguaggio educatamente brutale: un suo interlocutore, e qui parliamo dei calciatori, si scuote anche così. Se ha davanti un giocatore presuntuoso, ecco che Jurić ingaggia un conflitto con lui. Altrimenti si creerebbe una pericolosa empatia.
Si racconta che, nella filosofia di allenatore, Jurić ritenga fondamentale creare un rapporto intenso e sinergico con i suoi giocatori all’interno dello spogliatoio, dove non entra nessuno, inclusa la stampa. Cosa si riescono a scoprire, con questo libro, questi “segreti inconfessabili dello spogliatoio”?
Questa è la sua forza: un giocatore capisce di avere davanti un allenatore esigente innanzitutto con sé stesso. La sua applicazione ha del maniacale. Lo disse anche Verre, ora alla Sampdoria: “Non mi sono mai allenato con questa intensità. Magari avessi incontrato Jurić prima, nella mia carriera”.
Siamo a Verona, e non si può non parlare dei due anni di Jurić alla guida dei Gialloblu. Prima i campionati del 2019 (quelli del ritorno in Serie A), poi quelli del 2020, nei quali ha collezionato, nel corso di 76 match, 23 vittorie, 25 pareggi e 8 sconfitte, aggiudicando alla squadra, rispettivamente, il 9° e 10° posto in classifica. Ma cos’altro possiamo dire di questo biennio scaligero?
Oltretutto, con il grande spettro di sbagliare dietro l’angolo: Jurić era certamente atteso al varco, per prima cosa perché reduce da una doppia esperienza col Genoa non proprio positiva. In più subentrava ad Aglietti, che l’anno prima aveva preso la squadra nel finale di stagione. Da una situazione disastrata, Aglietti aveva fatto vincere al Verona i play-off. Jurić ha preso il posto di un semi-eroe, quindi: in quelle condizioni, non è stato facilissimo farsi accettare da subito. Ma lui ha conquistato il Verona in un attimo, a suon di risultati e grazie al carattere presto assimilato dalla squadra, a immagine e somiglianza di quello del proprio allenatore. L’Hellas ha avuto un alto possesso di palla nella metà campo avversaria. Con un dominio nelle corsie esterne. Il Verona è stato portato anche a giocare di ripartenze individuali.
Da giocatore – partendo dal suo debutto nell’Hajduk Spalato, nel 1994, per poi continuare con le esperienze successive al Siviglia, e ancora in Italia, al Crotone e al Genoa –, cosa possiamo dire del “roccioso” centrocampista croato?
Era un martello, in grado di mordere. Corsa, carattere e anticipo: un giocatore da combattimento, come un gladiatore. Oltretutto, per restare alle sue esperienze italiane, si è anche legato molto ai vari ambienti. Cosa che gli è tornata poi utile da tecnico.
E come allenatore, invece – tra Mantova, Crotone e Genova –?
A Jurić è servita anche la Serie C, come rodaggio. Però, a Mantova ha saputo anche lanciare un giovane come Zammarini, del quale trattiamo anche all’interno del volume. A Crotone ha vinto un campionato di B, ereditando una squadra che, l’anno prima, si era salvata solo all’ultima giornata. Sulla scelta del Genoa, ha invece inciso il legame creato durante la parabola da calciatore. Certi colori, come nel caso di Atalanta, o dello stesso Torino, ti rimangono nella pelle, anche in una successiva carriera da allenatore.
Oggi Jurić è allenatore del Torino. Quanto rimpianto c’è, nell’Hellas, per non aver potuto proseguire il progetto di crescita societaria e di rosa a disposizione?
Dopo due anni, probabilmente era giusto far collimare le ambizioni con le reali possibilità. Per esempio, il Verona ha appena ceduto Zaccagni: un giocatore che nasce centrocampista, e che Jurić, in campo, ha saputo alzare di venti metri. Lui e Barák, giocando tra le linee, hanno compiuto il primo lavoro, una mansione che si è scoperta negli Europei del 2016. Diciamo che il rammarico, “societariamente”, può essere di aver perso un allenatore che ha saputo valorizzare certi giocatori, facendoli rivendere al club per cifre piuttosto importanti. Il classico potere della plusvalenza, da tenere stretto, nel calcio di oggi.
Come potremmo sintetizzare, in pochi concetti, Jurić allenatore di calcio?
La collaborazione reciproca con i giocatori, una magia capace di portare lontano una squadra magari pure modesta. Con una fusione che si fonda su un’etica. Per Jurić, il modulo è importante, ma non è tutto: l’organizzazione tattica senza palla, che salva nei momenti di sofferenza e che poggia su una lettura di sicurezza. Gradisce giocatori tecnici, certo, ma soprattutto dalla forza temperamentale. Gioca di costruzione lunga, per dare palloni più puliti agli attaccanti, e non partendo da dietro, come fa il suo maestro Gasperini con l’Atalanta. In questo, Jurić è diverso dal proprio mentore.
E com’è, invece, l’uomo nel privato?
Come lo raccontano i suoi giocatori: un uomo, prima ancora che un allenatore. Uno che sa predisporre le giuste condizioni per far entrare la squadra in sinergia – una forza motivazionale che poi è il segreto per poter stabilire un rapporto collaborativo. Chi ha avuto a che fare con Jurić non può che sentirsi cambiato in meglio.
Parliamo di Edizioni ZEROTRE e della sua collana incentrata sullo sport, La coda del Drago. Come ritiene l’esperienza maturata con la casa editrice veronese?
Molto positiva, complice soprattutto l’interesse dimostrato anche verso gli altri sport. In più, c’è da considerare il coinvolgimento dei giovani, integrazione fondamentare per restare al passo coi tempi.
Consiglierebbe ZEROTRE come un progetto editoriale innovativo, che segue l’autore dalla bozza fino alla stesura, alla distribuzione e alla promozione?
Direi di sì: la collaborazione è stata molto efficace, e si è potuto realizzare un volume in breve tempo. Anche bruciando le tappe.
Prevede altre, prossime esperienze, a livello editoriale?
Sto curando un’intervista con Damiano Tommasi: in futuro, potrebbe essere uno di quei personaggi presenti nel mondo del calcio meritevoli di approfondimento.
Salutiamoci consigliando ai radioascoltatori l’acquisto del volume. Perché dovrebbero leggere questa biografia di Jurić?
Perché stiamo parlando del tipico allenatore “visionario”, di quelli con una storia interessante, da conoscere nel profondo. Non a caso, il Nostro si presenta come l’uomo giusto nel momento giusto.
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