Spazio d'Autore: intervista a Christian PravatàBy Edizioni ZEROTRESpazio d’Autore: intervista a Christian Pravatà Sergio Brighenti è stato uno dei più grandi e prolifici attaccanti della storia del campionato italiano che tra il 1949 e il 1965 ha segnato 155 gol tra Serie A e Serie B. Oltre ad aver vinto due scudetti con l’Inter e aver vestito la maglia della Nazionale, è risultato essere il primo calciatore italiano a segnare all’Inghilterra nello stadio di Wembley. A parlarci più ampliamente di lui è Christian Pravatà, autore de “SERGIO BRIGHENTI. DAI SALESIANI A WEMBLEY”, il suo libro biografico edito da Edizioni ZEROTRE. Ma iniziamo a conoscere meglio l’autore ospite della trasmissione. Buongiorno Christian Pravatà, si presenti ai nostri radioascoltatori. Sono un giornalista di Casale Monferrato, che si trova in provincia di Alessandria, e per anni mi sono occupato di calcio per diverse tv locali e siti specializzati. Durante una trasmissione che ho condotto, “B-zona” dedicata alla Serie B, ho conosciuto Sergio Brighenti che era un opinionista fisso della trasmissione e da lì è nata una bella amicizia. Sergio Brighenti, a cui ha dedicato un libro sulle sue gesta, è scomparso proprio poche settimane fa. Ci racconta brevemente cosa è possibile scoprire di questo grande attaccante grazie al suo volume? Nel mio libro troverete gli aspetti più importanti della sua vita professionale e i record che ha ottenuto da giocatore, riporto infatti alcuni aneddoti molto belli e personali. Nella seconda parte, invece, l’avventura dei mondiali di Italia 90 raccontati dal suo punto di vista: quello di allenatore in seconda al fianco di Azeglio Vicini. Bandiera del Modena, goleador d’eccezione con la maglia della Sampdoria e poi presenze nel Padova di mister Nereo Rocco: cos’altro ancora possiamo raccontare su Brighenti? È stato il primo giocatore nella storia a segnare con la nazionale italiana all’Inghilterra nello stadio di Wembley, oltre ad aver ricoperto il ruolo di viceallenatore di Azeglio Vicini a Euro 88 e Italia 90. Per giunta, possiamo dire che è stato anche un ottimo osservatore e talent scout, giusto? Assolutamente sì, ha lanciato e portato in nazionale molti giocatori italiani che si sono poi rivelati nel grande calcio; due nomi su tutti: Stefano Tacconi e Salvatore “Totò” Schillaci. Il libro com’è strutturato? La prima parte è dedicata alla sua carriera sportiva da calciatore: grande spazio trova il racconto dell’annata 60-61 nella quale è stato il capocannoniere della Serie A. La seconda si focalizza su Italia 90, partendo dalla formazione del gruppo per arrivare alla cavalcata terminata con il terzo posto nella competizione. Il libro ha in prefazione una citazione su Sergio Brighenti che mi piacerebbe riportare e chiedere a lei di approfondire: “Sergio Brighenti rappresenta un calcio che non esiste più, fatto di valori, ma soprattutto di aggregazione sociale che pochissimi altri sport al mondo possono vantare”. Era un calcio che si poteva “gustare” quasi esclusivamente di persona: parliamo degli anni 50 e la tv, che arrivò solo nel 1954 e neanche in tutte le case, non era ancora il luogo in cui i giocatori venivano esposti, al contrario di oggi. Non c’erano i social; quindi, la gente doveva andare prevalentemente allo stadio per seguire una partita oppure apprendeva il giorno dopo dai giornali quanto era accaduto. A quel tempo, inoltre, mancava la figura del procuratore: il giocatore parlava direttamente con il presidente o il direttore sportivo riguardo ai trasferimenti. Ma se dovesse descriverlo con l’ausilio di pochi attributi, cosa direbbe di Sergio Brighenti? Era una persona straordinaria, umile e buona. Lei immagino sia un grande appassionato di calcio. Se le chiedessi a chi potrebbe assomigliare Brighenti con un attaccante moderno dei nostri giorni cosa risponderebbe? E, soprattutto, perché? Credo sia difficile ritrovarlo in una persona sola: non simulava mai un contatto, era “tosto” anche se non era un gigante fisicamente e aveva una grandissima tecnica. Lui diceva di rivedersi un po' in Palacio, ma in generale nemmeno lui si rivedeva in qualche giocatore moderno, proprio perché il suo era un calcio molto diverso. Nel libro sono presenti anche tante foto d’epoca, che raccontano di Brighenti sempre al centro della scena. Cosa l’ha portata a scrivere una biografia su di lui? Come anticipato prima, la nostra amicizia è nata negli studi di “B-zona”. Questo aggiunto al fatto che, secondo me, per la sua storia e per i record che ha ottenuto avrebbe meritato più attenzione da parte del calcio italiano e dalla tv. Un aneddoto o una particolarità di Brighenti presente nel libro ce la anticipa? Il racconto dell’annata 60-61 è molto interessante perché spiega la rivalità con Omar Sivori e di come fosse il loro rapporto personale. Parliamo della sua esperienza con Edizioni03, che tra l’altro è anche la promotrice di questo spazio radiofonico “AUTORI E LETTURE”, che permette di dare spazio culturale ai libri e i loro autori. La ritengo un’ottima azienda, con persone capaci che mi hanno messo sin da subito nelle condizioni di poter pubblicare il mio libro mettendomi i migliori strumenti a disposizione. Siamo in conclusione, e quindi le chiedo: perché dovremmo leggere il suo libro? Perché Sergio Brighenti è stato un gigante del calcio e merita di essere ricordato. Ci congediamo da questo interessante incontro, ringraziandola e lasciandole lo spazio per salutare i nostri ascoltatori e invitarli a leggere “SERGIO BRIGHENTI. DAI SALESIANI A WEMBLEY”. Il libro è prenotabile in tutte le librerie o sul sito di Edizioni ZEROTRE. Per acquistare il suo libro clicca qui