Epifania: canti e filastroccheBy Chiara BaronciniRagazzi / BambiniAnche quest’anno il Natale ci ha regalato un piacevole calore nel cuore e un avvolgente profumo di dolci, per non parlare degli instancabili motivetti natalizi che continuano a uscire dalle nostre labbra. Con l’avvicinarsi del nuovo anno ci apprestiamo a celebrare l’ultima festività di questo periodo: l’Epifania. In questi giorni i bambini cominciano a preparare le calze da appendere sul camino, mentre nei presepi il viaggio dei Re Magi sta per giungere al termine e, entro breve, qualcuno sposterà le statuette davanti alla capanna di Gesù bambino. È tempo che Babbo Natale e Santa Lucia lascino il posto a una vecchietta con il naso adunco e le scarpe rotte: la Befana. Questa conosciutissima figura folcloristica possiede una scopa logora che le permette di volare. Durante la notte tra il 5 e il 6 Gennaio si dice che sorvoli i tetti delle case e si adoperi per riempire le calze che i bambini hanno lasciato sul camino: se durante l’anno i piccoli sono stati buoni, la Befana regalerà loro caramelle, dolciumi e qualche giocattolo; se invece non si sono comportati in modo corretto, riceveranno carbone e aglio. La storia della Befana ha origini molto antiche e discende dalle tradizioni magiche precristiane diffuse in Italia tra il X e il VI secolo a.C.: sembra infatti essere connessa a riti propiziatori pagani legati all’agricoltura e ai cicli stagionali in cui si celebrava il raccolto dell’anno trascorso e ci si preparava ad accogliere quello futuro. Queste pratiche furono poi ereditate dagli antichi Romani: secondo loro, nelle dodici notti dopo il solstizio d’inverno delle figure femminili volavano sui campi coltivati per garantire fertilità e raccolti abbondanti. La dodicesima notte si celebrava la morte e la rinascita di Madre Natura. Anche il termine “Befana” ha lunga data e veniva già utilizzato nel dialetto popolare del XIV secolo a.C. nell’antica Etruria e anche allora si riferiva a una figura femminile anziana, simbolo della fine del vecchio e dell’inizio del nuovo. Nella tradizione cristiana, invece, la leggenda vuole che l’origine della Befana sia legata alla storia dei Re Magi: in una fredda notte d’inverno, Baldassarre, Gasparre e Melchiorre – che erano in viaggio per raggiungere Betlemme – si persero. Chiesero così indicazioni a una vecchietta che mostrò loro il cammino; vista la gentilezza della sconosciuta, i tre le proposero di unirsi a loro, ma lei rifiutò. Non appena i Re Magi partirono, la vecchietta si pentì di non aver accettato l’invito e si mise in spalla un sacco pieno di dolci – anche lei voleva portare dei doni al Bambin Gesù –, poi cominciò a bussare a tutte le porte nella speranza che qualcuno le sapesse dire dove fossero i tre uomini. Nel farlo, regalò a ogni bambino che incontrava i dolci del suo sacco. Nonostante l’aspetto, molto diverso da quello di Babbo Natale – che con la sua barba bianca e il suo pancione ricorda un omone bonario e simpatico –, la Befana non è malvagia: anche se viene ritratta con un carattere un po’ burbero, si dice essere molto comprensiva e sempre pronta a donare ai bambini quanto si meritino. Insomma, una sorta di nonna che insegna ai nipotini l’importanza di essere buoni. A proposito di nonni, Nin Guarienti e Francesco Ballardin, due dei nostri scrittori per l’infanzia, hanno voluto dedicare ai “loro nipotini” una raccolta di giochi, conte e filastrocche (il IX e il X volume della loro collana “Le fiabe dei nonni”) che i più piccoli possono imparare e recitare insieme a mamma, papà, zii e nonni. Nel decimo numero, Nonno… e le conte e le filastrocche?, i due autori hanno riesumato le rime che erano soliti cantare quando erano ancora bambini e le hanno accompagnate con vivaci illustrazioni, rendendo ancora più magiche le parole di questo libro. Di questa raccolta non possiamo non citare La Befana, una cantilena interamente riservata alla vecchietta più amata dai bambini: La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte con le toppe alla sottana: viva, viva la Befana! La Befana, tuttavia, non è la sola protagonista delle rime dedicate alle festività natalizie: in particolare, esiste un’antichissima filastrocca in dialetto veronese che un tempo veniva cantata dai bambini all’approssimarsi del 13 Dicembre, la festa di Santa Lucia: Santa Lùssia, mama mia, porta coche in scarpa mia. Se la mama no ghin mete resta ude le scarpete. Co la borsa del papà Santa Lùssia mi nà portà. Quale momento migliore se non quello delle festività natalizie per recitare tutti insieme queste filastrocche? In questi giorni, in attesa di Capodanno e dell’Epifania, cantare e suonare con i propri parenti potrebbe essere un ottimo modo per passare il tempo e trascorrere dei meravigliosi momenti di condivisione. E, per chi tra i più piccoli ha una vera e propria passione per le rime, vi proponiamo un "giallo per bambini" tutto particolare: lo potrete leggere davanti al camino, oppure sotto le coperte con in mano una bella tazza di cioccolata calda. Stiamo parlando di Zaccaria e il guazzabuglio, il nuovo libro di Sabrina Ginocchio e Alberto Rebuzzi, con le illustrazioni di Elisabetta Micheloni. Per dare il giusto benvenuto al nuovo anno, vogliamo salutarvi con un’altra filastrocca che i “nostri” nonni Nin Guarienti e Francesco Ballardin hanno riesumato: Bon dì, bon ano, bon Capodano, le bone feste, le bone minestre, ’na roca de cana la parona la staga sana, a Nadal on bel porcel a Pasqua on bel agnel, on granar pien de formento e formenton, ’na caneva de vin bon, ’na borsa d’oro e n’antra d’argento, caro paron, feme la bona manche mi son contento. Con queste parole allegre, Edizioni ZEROTRE vi augura buone feste, un felice anno nuovo e una fantastica Epifania!