“PER GIANNI BRERA, L’ARCIMATTO”
Studi, documenti, omaggi e memorie a 30 anni dalla scomparsa
Trent’anni senza Gianni Brera. A ricordarlo, facendo riemergere dagli archivi della memoria le magie di una scrittura inimitabile, ecco questo libro, “Per Gianni Brera, l’Arcimatto”, patrocinato dal Panathlon International e dal Coni, che Adalberto Scemma ha curato insieme con Alberto Brambilla per la collana “La coda del drago” (Edizioni Zerotre, 18 euro). Sono presenti in gran parte testi inediti, alcuni dei quali di evidente rilievo filologico, ma vi figura anche un’ampia sezione dedicata a testi che appartengono alla parte ufficiale della storiografia breriana e che conservano tuttavia una patina di attualità non intaccata dal tempo.
Oltre agli interventi dei due curatori, “Per Gianni Brera, l’Arcimatto” allinea i contributi di penne autorevoli del giornalismo e della letteratura sportiva: Ferdinando Albertazzi, Mino Allione, Andrea Aloi, Alberto Brambilla, Vladimiro Caminiti, Massimiliano Castellani, Sebastiano Catte, Gino Cervi, Paola Colaprisco, Piero Faltoni, Vittorio Feltri, Gigi Garanzini, Mariella Gini, Sergio Giuntini, Filippo Grassia, Antonio Lanza, Gilberto Lonardi, Lorenzo Longhi, Andrea Maietti, Beppe Maseri, Gianni Mura, Gianluca Oddenino, Marco Pastonesi, Darwin Pastorin, Salvatore Piconese, Raffaele Pompili, Massimo Raffaeli, Claudio Rinaldi, Adalberto Scemma, Mario Sconcerti, Mario Sicolo, Giuseppe Smorto, Gianni Spinelli e Luca Urgu.
Il contributo di affetto dei tanti “Senzabrera” che dall’Arcimatto hanno attinto, se non la dimensione linguistica, di certo la lezione di carattere etico è ben presente in questo libro di “studi, documenti, omaggi e memorie a trent’anni dalla scomparsa”.
L’immagine dei “Senzabrera” creata da Gianni Mura fotografa altresì un mondo del giornalismo sportivo che da trent’anni è incapace di reiventarsi dopo che si è spenta la sua stella polare.
Impossibile andare oltre Brera? Qualcuno può riuscirci, ma non attraverso il linguaggio. Brera ha sortito un effetto valanga, dopo di lui la storia della lingua italiana non ha più accolto sollecitazioni così improvvise, entrate così violente. Per questo l’attenzione che oggi gli viene riservata è la stessa che si deve ai classici.
Ma l’evidenza dice anche che i grandi protagonisti della letteratura sportiva si avviano oggi a diventare dei carneadi agli occhi non soltanto dei giovanissimi ma addirittura della generazione dei quarantenni. Persino un mito come Gianni Mura sta rischiando di non trovare posto nell’archivio della memoria. Ma sarà proprio così? Dovremo abituarci dunque a considerare Brera, Arpino, o Mura, esemplari da museo, fossili illustri da custodire sotto teca?
L’esperienza di vita assicura che c’è mai nulla di scontato. Il finale di ogni storia dal copione già scritto può sempre mutare quando interviene una dose adeguata di capacità visionaria. È bastato il coraggio di riproporre “con il marchio della novità”, e con adeguati presupposti critici, i miti letterari del passato; non solo i succitati giornalisti ma anche Buzzati, Bianciardi, Vergani o Gianoli, in due contesti d’eccellenza (le aule di Scienze motorie dell’Università di Verona, unico ateneo italiano dove si insegna la letteratura sportiva, e quelle del Liceo Scientifico Belfiore a indirizzo sportivo di Mantova, dove si è sviluppato un progetto innovativo promosso e finanziato dal Ministero dell’Istruzione) per attivare di colpo la curiosità e l’attenzione degli studenti e catapultarli nel vivo di una dimensione creativa imprevedibile.
Parte allora da qui, sulla scia della lezione lasciataci in eredità da Brera la sfida de La Coda del Drago, prima rivista di letteratura sportiva - a cui è possibile abbonarsi cliccando qui - a proporre temi di qualità attraverso una sinergia redazionale che coinvolga personaggi autorevoli della letteratura sportiva, del giornalismo e della saggistica, in definitiva dei “maestri di scrittura”, accanto a giovani emergenti scelti tra i migliori studenti dei corsi universitari e degli istituti scolastici di secondo grado. Presupposto inalienabile: i ragazzi non saranno mai contenitori da riempire di nozioni, ma fuochi da accendere. Il sogno, neppure tanto segreto, è quello di veder crescere, accanto ai maestri, giovani capaci di filtrare con passione e creatività, i dettami di un progetto “visionario”.
La Coda del Drago è destinata a un pubblico di lettori fieramente, inconsciamente o dichiaratamente “irregolari”, bracconieri di storie che trovano nel semplice fluire delle parole la loro fonte d’energia. Non si può “guardare oltre”, tuttavia, se non si impara prima a “guardare dietro”, se non si indagano le tappe che hanno caratterizzato l’evoluzione dell’informazione sportiva in genere (quotidiani, periodici, radio, tv, internet, social e così via) fino all’attuale panorama che prevede un’integrazione, anzi, una contaminazione sempre più serrata tra mondo fisico e mondo digitale.
Ecco, dunque, la necessità di ritrovare quel tipo di suggestione che soltanto la parola scritta è in grado di ricreare. Tenendo sempre a mente la lezione di Brera.
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