Spazio d'Autore: Intervista a Elisa NoccaBy Edizioni ZEROTRECiao, Elisa! Ti puoi presentare in poche parole? Mi descrivono come una persona attenta e creativa: posso dire di essere sempre stata affascinata dalla capacità umana di aggregarsi, dando forma a stili di vita e culture diverse. Sono cresciuta in una famiglia aperta al prossimo, tradizionalista e di estrazione borghese. Potrebbe sembrare uno strano mix, che tuttavia mi ha impartito un’educazione “pluriprospettica”. Dopo il diploma in un istituto femminile, ho proseguito gli studi all’Università di Bologna, dove ho studiato Scienze politiche. Lì ho vissuto per diversi anni, poi mi sono trasferita: prima a Trento, poi in provincia di Verona (che è la mia città natale), e lì risiedo ora. Non ho seguito una specifica carriera professionale: forse per occasioni perse o per natura, mi sono trovata a percorrere strade non ancora ben tracciate. Ho viaggiato ora verso luoghi lontani, ora alla ricerca di mentalità “lontane”! Nel lavoro, ho spaziato in campi che andavano dalla formazione alle consulenze organizzative, dal giornalismo alla facilitazione di piani di sviluppo. Ci sono stati periodi complicati, anche molto dolorosi, ma questa “altalena” che è la vita mi ha regalato pure soddisfazioni e gioie: la più intensa, certamente, è stata la nascita di mio figlio. Il tuo libro, La tribù che danza, è un saggio di psicologia politica e sociale. Com’è nata l’idea di scrivere questo libro? Più che un saggio, si tratta di un diario – per dir così –, il diario di un esperimento pionieristico tentato vent’anni fa! Una prima stesura, infatti, risale ai primi anni Novanta, a quando mi venne affidato un mandato da assessore comunale esterno. Si avviò un processo graduale di incontro con la comunità: annotavo i tempi e le dinamiche di partecipazione tra gruppi e istituzioni… Un “ritmo” e una “danza” che nascevano dalla ricerca di un’identità culturale propria. Negli anni successivi si è avuto modo di capire gli effetti più duraturi di questo laboratorio “plurale”, così si è ritenuto utile farne una pubblicazione. A chi e perché consiglieresti il tuo libro? Per la sua narrazione, potrebbe interessare a studenti di scienze umane e scienze della comunicazione, amministratori pubblici, e formatori. Ma potrebbe interessare anche a chi svolge attività di sviluppo organizzativo, aziendale, scolastico o associativo, perché la dinamica osservata segue dei principi universali; è il progetto che si sviluppa, che ne cambia la sua conduzione. Inoltre, La tribù che danza mostra un meccanismo di “contagio” di idee, sentimenti e azioni tra gruppi, collettivi e istituzioni, fino ad arrivare a un’espressione comunitaria. Allora non se ne conosceva l’esistenza. Oggi si parla di “cittadinanza attiva” e resilienza con maggiore facilità… Ancora però non ci si spinge ad osservare né il sentimento sociale né la produttività comunitaria. Da un punto di vista scientifico, può pertanto essere interessante leggere il testo per il suo “quando”, per comprendere quale fu il ragionamento che si seguì allora. Anche se riferito a un territorio e all’identità di una sua propria comunità, lo schema è ripetibile, sempre con la consapevolezza che ogni realtà ha tipicità e risorse diverse. La prefazione è stata scritta da Enzo Spaltro, considerato uno dei più autorevoli nel campo della psicologia del lavoro in Italia. Come vi siete conosciuti? Sì, il prof. Spaltro è considerato il pioniere nazionale della psicologia del lavoro e delle organizzazioni. A lui certamente va il grande riconoscimento di aver promosso approcci scientifici di straordinaria lungimiranza. Mi laureai alla sua cattedra di psicologia del lavoro nel 1986, con una tesi sperimentale sulla rilevazione di una nuova variabile di clima organizzativo. Personalmente, non lo identificherei soltanto come una guida accademica; il tempo mi ha fatto dono del suo valore di maestro: oltre al suo sapere, lo contraddistinguono profonda umiltà e attenzione umana. Ci siamo ritrovati “complici” nel valutare la pubblicazione. Rispetto al passato, si è delineata una metodologia operativa che, dopo varie considerazioni, è stata definita “5.0”, ma non solo perché vanno di moda le numerazioni. Il precedente “4.0” si riferiva all’impatto delle tecnologie sul lavoro e sulla vita; con l’approccio “5.0” si ripropone l’uomo come principale attore valoriale del cambiamento. È un onore che il suo pensiero introduca il libro. Grazie ancora, Professore; grazie Enzo. Hai altri interessi, oltre alla psicologia? Meglio puntualizzare che non mi riconosco in quanto psicologa! L’approccio psicologico è uno degli elementi di cui disponiamo per leggere le realtà. Detto ciò, vivo soprattutto a cavallo tra altri due “mondi” di interesse. Amo l’arte e da anni dipingo – anche abiti e tessuti. Prediligo però gli acquerelli, perché si prestano a una “pittura sensoriale”, come è stata definita. Si impara a lasciare uscire l’emotività senza riferirsi a forme precostituite o pregiudizi. Le illustrazioni nel libro sono nate così. L’altro mondo di cui mi sento parte è la Protezione Civile, a cui proprio mio figlio mi ha avvicinata, poco più che bambino: mi era stato chiesto di progettare un campo-scuola dipartimentale, e da lì… È stata un’esperienza addestrativa e formativa molto intensa, di grande arricchimento umano. Come hai conosciuto EdizioniZEROTRE? Anni fa, in contesto professionale. Ho assistito all’evoluzione aziendale dei suoi servizi editoriali e ne ho apprezzato la qualità. È una realtà dinamica. Quando ho scelto di pubblicare La tribù che danza, ho affidato il mio lavoro con totale fiducia. Che piani hai per il futuro? Se mi date in omaggio una sfera di cristallo vi dico tutto! Più concretamente, sto lavorando ad un progetto d’impresa molto bello, il cui punto di partenza è un centro di formazione certificato sulle tinture di tessuti con estratti vegetali, tramite diverse tecniche di artigianato artistico. Questa realtà, seguendo il “modello 5.0”, sarà poi un referente per la realizzazione di altre attività atte a promuovere l’occupazione in modo innovativo (ma qui mi permetto di essere scaramantica e taccio!), questa soprattutto mirata all’inclusione sociale e al femminile. C’è anche un prossimo progetto editoriale in cantiere, ma questo avrà per temi il colore e la pittura. Non è un testo tecnico né artistico: sarà piuttosto un esempio di “gioco” che spero possa stimolare altre persone ad usare il colore per liberare emozioni o tensioni. Grazie, Elisa! -------------------------------------- Puoi trovare il libro sul nostro store: La tribù che danza: https://www.edizioni03.com/ecomm_files/preview.asp?i=215