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La piena dell’Adige del settembre 1882 è un momento decisivo della storia di Verona in merito al passaggio, già avviato nelle grandi città europee, dalla città moderna alla città contemporanea. Il tragico evento, in accordo agli sviluppi dell’ingegneria e alla nascente disciplina urbanistica, porta alla progettazione e costruzione (1883-1895) di un monumentale sistema di opere di difesa idraulica, che altera profondamente il rapporto tra il tessuto edilizio e produttivo della città e il suo fiume, e innesca un drastico cambiamento della morfologia urbana. Nel volume sono presentanti gli esiti di una ricerca in corso condotta sulla base di documentazione proveniente dagli archivi dell’Ufficio Tecnico Municipale e del Genio Civile di Verona (Archivio di Stato di Verona), dell’Archivio Generale del Comune di Verona e della Biblioteca Civica, integrata da preziose collezioni fotografiche – come la campagna commissionata a Giuseppe Bertucci dall’impresa Giacomo Laschi – che ha permesso di ricostruire la storia del progetto degli argini fluviali, dando nuovi spunti di lettura sulla Verona contemporanea ed evidenziando il ruolo delle opere di ingegneria nella trasformazione urbana.
La piena dell’Adige del settembre 1882 è un momento decisivo nella storia di Verona in merito al passaggio, già avviato nelle grandi città europee, dalla città dall’età moderna a quella dell’età contemporanea. Il tragico evento, in accordo agli sviluppi dell’ingegneria e dei principi della nascente disciplina urbanistica, richiede la progettazione e la costruzione, tra gli anni Ottanta e Novanta dell’Ottocento, di un monumentale sistema di opere di difesa idraulica, il quale, innescando un drastico cambiamento della morfologia urbana, altera profondamente l’originario rapporto tra il tessuto edilizio e produttivo della città e il suo fiume. Se da un lato, la costruzione dei muraglioni – argini murari subverticali insommergibili alle piene – modifica radicalmente l’immagine del lungofiume, dall’altro l’interramento del canale dell’Acqua Morta e il taglio dell’Isolo determinano la scomparsa di un importante distretto produttivo della città storica. La costruzione degli argini include anche la sostituzione dei ponti antichi, distrutti o danneggiati dalla piena del 1882: i nuovi manufatti, per la maggior parte realizzati con tecniche e materiali moderni, contribuiscono significativamente alla trasformazione del paesaggio urbano del lungofiume. Parte integrante del dispositivo di difesa idraulica sono, inoltre, le opere nascoste dei grandi collettori urbani che, realizzati in galleria con il principale scopo di sostenere il deflusso delle acque meteoriche, supportano significativamente la sanificazione dell’ambiente urbano in accordo ai principi della “città igienista” di fine Ottocento. Il complesso delle opere di difesa idraulica dell’Adige urbano ricalca il programma funzionale e le soluzioni costruttive già adottate negli analoghi interventi avviati negli anni Sessanta del XIX secolo nelle grandi città europee e, nel decennio successivo, mutuati in Italia per il progetto di inalveazione del Tevere a Roma. Il progetto dell’Adige si articola in tre principali interventi: la regolarizzazione dell’alveo urbano del fiume portato a larghezza costante, la sua arginatura con alte sponde murarie subverticali e la costruzione di nuovi collettori in galleria. In questo senso, il progetto riproduce puntualmente gli interventi all’epoca già in cantiere Tevere: la regolarizzazione dell’alveo del fiume nel tratto urbano, la costruzione di insommergibili muraglioni subverticali e i grandi canali collettori sotterranei e banchine di approdo. La vicenda dell’Adige, però, si differenzia dai lavori condotti a Roma per alcuni punti fondamentali. In primo luogo, per i lavori dell’Adige è diverso l’iter del progetto che, nel 1882, prevede la pubblicazione di un bando di concorso pubblico per raccogliere proposte “per un progetto di difesa permanente contro l’Adige”; in secondo luogo, una differenza sta nel ruolo detenuto dal Comune di Verona nei confronti del governo centrale, tanto nella definizione dei progetti, quanto nel coordinamento dei lavori. A differenza del caso del Tevere, in cui l’Ufficio Tecnico Municipale detiene un ruolo marginale rispetto ai compiti di coordinamento assunti dagli ingegneri del Genio Civile, gli ingegneri dell’Ufficio Tecnico Municipale della città di Verona sono direttamente coinvolti nel programma dei lavori, nel progetto esecutivo delle opere da realizzare e nella supervisione dei cantieri. Questo è, a esempio, il caso dell’ingegnere Tullio Donatelli, il quale, dopo avere partecipato al concorso del 1882 nelle vesti di direttore dell’Ufficio Tecnico Municipale – con una proposta distinta dal suggestivo motto “nel campo delle idee anche il piccolo può lottare” –, dal 1888 partecipa attivamente alla progettazione esecutiva e alla direzione del cantiere per la realizzazione dei muraglioni in riva destra, e alla progettazione di alcuni ponti urbani, tra cui il manufatto metallico del ponte Umberto I. Anche la ricostruzione dei ponti danneggiati dalla piena caratterizza significativamente le opere dell’Adige: la necessità di ripristinare repentinamente il collegamento tra le due rive del fiume è, infatti, l’occasione per realizzare anche ponti provvisori che, seppur nella loro dimensione effimera, costituiscono sperimentazioni pionieristiche per il progetto delle strutture in ferro. Ne è un esempio la soluzione per l’elegante ponte ad arco di 90 metri di luce, disegnato dall’ingegnere veronese Giovanni Battista Biadego per la ricostruzione temporanea del ponte Umberto I. In questo volume sono presentanti i primi esiti di una ricerca in corso condotta sulla base dei documenti, conservati negli archivi storici del territorio veronese, e della copiosa bibliografia dell’epoca. La documentazione raccolta, oggi conservata presso l’Archivio di Stato di Verona, l’Archivio Generale del Comune di Verona e la Biblioteca Civica, proviene prevalentemente dagli archivi dell’Ufficio Tecnico Municipale e del Genio Civile di Verona ed è integrata da preziose collezioni fotografiche come la straordinaria campagna commissionata a Giuseppe Bertucci dall’impresa Giacomo Laschi. L’analisi dei documenti ha permesso di ricostruire la storia del progetto della costruzione degli argini fluviali, offrendo nuovi spunti di lettura per l’evoluzione della città di Verona contemporanea e mettendo in luce il ruolo delle opere di ingegneria e degli ingegneri nella trasformazione urbana. In questo senso, le tracce documentali contenute negli archivi del territorio offrono una testimonianza inedita, utile anche alla riscoperta del ruolo di progettisti dimenticati, tra gli ingegneri del Genio Civile e quelli dell’Ufficio Tecnico Municipale. Alla luce delle attuali fragilità del patrimonio costruito storico, nel più ampio scenario del cambiamento climatico, la storia materiale dell’inalveazione dell’Adige contribuisce, da un lato, alla divulgazione delle opere storiche e della cultura civile dell’ingegneria idraulica e, dall’altro, alla sistematizzazione di quadri conoscitivi operativamente utili agli attuali interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio costruito e delle infrastrutture storiche in uso. L’opera ha l’ulteriore obiettivo di estendere la conoscenza del ricco patrimonio documentale prodotto dagli uffici tecnici pubblici, oggi conservato negli archivi storici territoriali, per promuoverne un più ampio uso nelle comunità professionali attive nei processi di tutela a conservazione delle infrastrutture dell’Adige urbano e del tessuto edilizio del lungofiume. Il presente volume è stato realizzato con il contributo del bando 2024 per “Contributi annuali alle istituzioni culturali (ex art.8 legge 534/1996)” emanato dal Ministero della Cultura e si inserisce negli obiettivi delle attività del Programma di Ricerca Nazionale “SMUH. Safeguard of Modern Urban Heritage” svolte congiuntamente dalle unità di ricerca dell’Università di Padova e dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.