Il libro “Tutto è eterno” racchiude nella sua interezza il progetto di Matteo Mezzadri intitolato “La materia oscura”, lavoro multidisciplinare col quale Mezzadri affronta in modo diretto e provocatorio il tema della distruzione del patrimonio culturale. Nelle sue fotografie e nei suoi video, Mezzadri documenta l’esplosione di copie fedeli di opere d’arte classiche, mettendo in scena un potente atto iconoclasta. Tuttavia, il suo gesto non è semplicemente distruttivo o vandalico, è piuttosto una rappresentazione simbolica che invita a riflettere sul rapporto della società con il passato e sulla fragilità della nostra memoria culturale. Mezzadri sottolinea come le guerre e il tentativo di prevaricazione di un popolo ai danni di un altro minaccino la conservazione del patrimonio artistico inteso come elemento fondante dell’identità collettiva che sta alla base di ogni civiltà: senza passato non c’è possibilità di presente né tantomeno di futuro. Il suo lavoro può essere interpretato come una critica alla spettacolarizzazione della violenza e alla tendenza della società contemporanea di ridurre tutto, compresa la violenza e la distruzione come forma di intrattenimento.
ANTEPRIMA SFOGLIABILE
Il libro “Tutto è eterno” è un volume che fa il punto sullo stato dell’arte del progetto La materia oscura di Matteo Mezzadri, progetto col quale l’artista si pone l’obiettivo di affrontare luci e le ombre del nostro tempo indagando la relazione stretta tra passato e presente, memoria e oblio, creazione e distruzione, bene e male, che così fortemente hanno caratterizzato il secolo appena trascorso e quello presente nel quale tutti noi viviamo. Nel 1954, immediatamente dopo i catastrofici eventi della seconda guerra mondiale, l’Unesco redasse la Convenzione dell’Aja per la tutela dei beni culturali in caso di conflitto armato, ma se fino ad allora la distruzione del patrimonio culturale era percepita come danno collaterale di un conflitto, verso la fine del secolo e a cavallo di quello successivo assunse un aspetto molto più inquietante, in quanto venne perpetrata in maniera intenzionale e volontaria, spesso attraverso la spettacolarizzazione della violenza mediante una meticolosa messa in scena della distruzione, se non con una vera e propria regia supportata dalle moderne tecnologie di comunicazione di massa per amplificare lo “spettacolo della distruzione” nel modo più diffuso e capillare possibile. L’elenco è lungo: dalla distruzione dei Buddha di Bamiyan in Afganistan nel 2001, a quella di Palmira e Sirte da parte dell’Isis, fino ad arrivare alle Torri gemelle di New York, scelte non in quanto obiettivo militare strategico, quanto per il loro alto valore simbolico di un modello di vita sociale, economico e culturale che si intendeva cancellare per sempre. Matteo Mezzadri affronta il tema della distruzione del patrimonio culturale in modo diretto e provocatorio attraverso il progetto La materia oscura. Nelle sue fotografie e nei suoi video, Mezzadri documenta l’esplosione di copie fedeli di opere d’arte classiche, mettendo in scena un potente atto iconoclasta. Tuttavia, il suo gesto non è semplicemente distruttivo o vandalico; è piuttosto una rappresentazione simbolica che invita a riflettere sul rapporto della società con il passato e sulla fragilità della nostra memoria culturale. Mezzadri sottolinea come le guerre e il tentativo di prevaricazione di un popolo ai danni di un altro minaccino la conservazione del patrimonio artistico inteso come elemento fondante dell’identità collettiva che sta alla base di ogni civiltà: senza passato non c’è possibilità di presente né tantomeno di futuro.
Il suo lavoro può essere interpretato come una critica alla spettacolarizzazione della violenza e alla tendenza della società contemporanea di ridurre tutto, compresa la violenza e la distruzione come forma di intrattenimento. Fotografando l’istante dell’esplosione, Mezzadri cattura la bellezza effimera e violenta dell’atto distruttivo, trasformandolo a sua volta in una nuova opera d’arte che sfida lo spettatore a riconoscere il valore delle opere classiche non solo nella loro esistenza materiale, ma anche nel loro potenziale di generare nuove interpretazioni e significati. In questo senso, Mezzadri non si limita a registrare la distruzione, ma la eleva a strumento di rinnovamento, invitando a riflettere su come l’arte e la cultura possano sopravvivere e trasformarsi anche attraverso momenti di crisi: “ogni iconoclastia è un nido di immagini”, direbbe Anselm Kiefer parafrasando il filosofo veneziano Andrea Emo.